FAI FIORIRE LA GIOIA

Come possiamo far fiorire la gioia? Coltivando apprezzamento di sè e gratitudine

APPREZZAMENTO DI SE’ E GRATITUDINE

Qualche volta è più difficile  vedere i nostri lati positivi che quelli negativi. Perfino pensare ai propri tratti positivi mette a disagio quelli che di noi non voglio sembrare presuntuosi. cI SEMBR di essere vanitosi o presuntuosi e questo può generare in noi imbarazzo o disagio.

Ma apprezzare noi stessi è un potente antidoto quando sentiamo insoddisfazione e frustrazione quando proviamo invidia e sottovalutiamo il nostro valore perchè ci permette di vedere chiaramente chi siamo.

Come celebriamo le nostre qualitàa ammirevoli senza cedere nella trappola egoistica?

Nel momento in cui possiamo gioire di quello che c’è di buono in noi riconoscendo che tutte le persone hanno forze e debolezze ci permettiamo di divertirci con la nostra bontà senza richiamare sentimenti di arroganza e superiorità.

Quando le qualità di gentilezza umanità comune e mindfulness vengono applicate alla sofferenza degli altri si manifestano come compassione; quando vengono applicate alla propria sofferenza, si manifestano come self compassion; quando sono dirette alle qualità positive degli altri si manifestano come MUDITA o gioia empatica; quando sono dirette alle proprie qualità positive si manifestano come apprezzamento di sé.

Il senso di umanità comune inerente all’apprezzamento di sé significa che ci apprezziamo non perché siamo migliori degli altri ma perché tutti abbiamo qualcosa di buono.

Apprezzare la bontà altrui ignorando o deprecando la nostra crea una falsa divisione fra noi stessi e gli altri.

In realtà onoriamo ogni singola cosa quando onoriamo noi stessi in quanto espressione della vita universale che anima tutta la nostra esperienza.

L’autostima tende a basarsi sulla separazione e la comparazione, sull’essere migliori degli altri, e di conseguenza speciali. L’apprezzamento di se al contrario si basa sulla connessione, sul vedere la somiglianza con gli altri riconoscendo che tutti hanno punti forti.

Con l’apprezzamento di sé non abbiamo bisogno di buttare giù gli altri per sentirci bene con noi stessi.

Posso apprezzare i miei successi e allo stesso tempo riconoscere i tuoi. Posso rallegrarmi dei tuoi talenti mentre celebro anche i miei.

L’apprezzamento comporta riconoscere la luce in tutti, noi inclusi.

Allora prendi un foglio e una penna e comincia ad elencare le tue qualità, i tuoi talenti, le cose di te che ti rendono la persoma che sei oggi.

LA GRATITUDINE

Non prestiamo mai abbastanza attenzione alle occasioni che riceviamo ogni giorno per rallegrarci. Spesso sono per noi ovvie e non le notiamo nemmeno.

Quando ci permettiamo però di osservare la nostra giornata con gli occhi di un bambino ci accorgiamo di  quante occasioni di sorpresa si presentano ai nostri sensi.

Ogni sorpresa è una sfida ad avere fiducia nella vita. La sorpresa è un seme, la gratitudine germoglia se affrontiamo il richiamo della sorpresa.

La gratitudine incomincia nei sensi, con quella gioia stupefatta che si accende grazie alle esperienze sensoriali.

Ciò che notiamo quando la nostra attenzione cresce è che ci viene donata in mille forme sempre la stessa cosa cioè l’opportunità. L’opportunità di aprire un nuovo modo di osservare l’esperinza che stiamo vivendo, sia essa piacevole, spiacevole o neutra

L’attenzione riconoscente si può esercitare e imparare, alla sera possiamo passare in rassegna la giornata ed essere grati per qualcosa che prima non avevamo notato. e coltivare la gratitudine per coltivare la gioia

COME ALLENARCI ALL’APPREZZAMENTO E ALLA GRATITUDINE E FAR FIORIRE LA GIOIA

  • Celebration list: fai una lista dei meriti, delle cose buone che hai concluso nella giornata
  • Crea un dialogo interno positivo: crea frasi e mantra motivanti
  • Impara a fare complimenti agli altri aprirai il cuore alla gioia compartecipe
  • Dedica tempo di valore a te stesso TU SEI IMPORTANTE
  • Tieni un diario della gratitudine

(liberamente tratto da ” la self compassion” di Kristin Neff e “invito alla gratitudine” di David Steindl-Rast)

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La gentilezza verso sè stessi

La gentilezza verso se stessi ci richiede di capire le nostre debolezze e i nostri fallimenti invece di condannarli.

Ci richiede di vedere chiaramente fino a che punto ci facciamo del male. Questa qualità di gentilezza però non comporta solo di non giudicarci ma anche di confortarci attivamente significa che permettiamo a noi stessi di essere emotivamente commossi dal nostro stesso dolore.

FACCIAMO UN’OFFERTA DI PACE A NOI STESSI.

Quando sviluppiamo l’abitudine alla gentilezza verso sè, la sofferenza diventa una opportunità per sperimentare amore e tenerezza dentro di noi.

Possiamo alleviare e confortare il nostro dolore, così come un bambino viene calmato e confortato dalle braccia della madre.

Chi potrebbe conoscere meglio la vera entità del dolore e della paura che stiamo affrontando, sapere quello di cui abbiamo più bisogno? solo noi.

Il modo in cui possiamo cominciare a prenderci cura di noi per confortarci è fermarci e chiederci

” che cosa sto provando?”

“di che cosa ho bisogno in questo momento?”

Il punto è ascoltare, dare valore ed esprimere i nostri bisogni, per fermare il nostro self-talk critico.

Possiamo provarci almeno qualche volta, proviamo riformulando le frasi della nostra parte critica, le osservazioni che ci fa potremmo dircele in modo più gentile amichevole e positivo.

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Amarsi un pò di più, attraverso la self-compassion

Incontriamo spesso il nostro giudice quando pratichiamo la Mindulness e lo incontriamo spesso anche se non pratichiamo.

Ci tende agguati giornalieri rendendo la critica verso noi stessi o verso gli altri spesso molto severa.

Quando stiamo soffrendo poi diventa spietato, criticandoci duramente per il fatto che non tolleriamo il dolore e che noi soli soffriamo così.

Cosa possiamo fare?

Possiamo attivare un potente antidoto che è la self-compassion.

La self-compassion porta ad avere un atteggiamento di comprensione e di sostegno, lo stesso che potremmo avere con un caro amico che sta passando un momento difficile, un fallimento o che si giudica in modo negativo. Invece di ignorare il dolore con un’alzata di spalle, fermiamoci a dire: “è proprio difficile questo momento! … Come posso prendermi cura di me e darmi un po ‘di conforto in questo momento? “.

Invece di giudicarci e criticarci senza pietà per tutti i nostri errori e per tutti i comportamenti inadeguati, tramite la self-compassion possiamo essere gentili e comprensivi proprio quando siamo messi di fronte ai nostri sbagli e fallimenti- d’altra parte, chi ha mai detto che dobbiamo essere perfetti?

Possiamo motivarci a cambiare e portarci a scegliere abitudini più salutari – quelle che ci fanno stare bene e che ci rendono felici – perché abbiamo a cuore il nostro benessere e non perché ci sentiamo inutili e non desiderabili.

Cosa ancora più importante, provare compassione significa onorare ed accettareil nostro essere umani. Le cose non andranno sempre per il verso giusto, andremo incontro a frustrazioni e a perdite, ci capiterà di sbagliare, sbatteremo contro i nostri limiti e non saremo all’altezza dei nostri ideali. Questa è la condizione umana, una realtà che appartiene a tutti. Quanto più riusciremo ad aprirci a questa realtà senza combatterla in continuazione, tanto più saremo in grado di provare compassione per noi stessi e per tutti gli esseri umani.

“Attraverso la self-compassion, portiamo a noi stessi quella gentilezza e quella cura che potremmo offrire a un caro amico”

MINDFULNESS CONTINUM

Mantenere viva la pratica può non essere semplice i maestri suggeriscono di praticare in gruppo, di leggere i testi e di partecipare ad almeno un ritiro l’anno per poter rinvigorire la motivazione.

Con grande piacere vi informo della possibilità di avere uno spazio di condivisione mensile, dove ritrovarsi, ricentrarsi, ricominciare a praticare e approfondire ogni volta un tema che resterà tema di approfondimento per tutto il mese successivo.

la partecipazione è vincolata alla partecipazione ad un protocollo o a precedenti percorsi di pratica meditativa della tradizione vipassana.

primo incontro martedì 22 ore 20

Protocollo MBSR autunno 2019

Mercoledì 23 ore 20, vi aspetto per la presentazione del nuovo protocollo di riduzione dello stress. Sarà l’occasione per poterci confrontare e per farmi tutte le domande che riterrete necessarie per l’avvio del nuovo percorso.

qui di seguito qualche informazione.

PROGRAMMA MBSR

Il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) , è un programma per la riduzione dello stress ed è stato ideato dal Prof. Jon Kabat Zinn alla fine degli anni ’70 presso l’Università di Worcester (Boston) Massachusetts.

Il programma è stato provato su più di 13.000 persone producendo effetti positivi sia sul piano fisico che mentale.

Navigare attraverso le difficoltà della vita con metodi che conducano a soluzioni efficaci è un’arte, la consapevolezza può guidare la nostra imbarcazione mettendoci in sintonia con le esperienze della vita attraverso l’ascolto del nostro corpo delle nostre sensazioni e dei nostri pensieri. Fornendoci quella padronanza per la gestione dello stress.

I partecipanti del programma MBSR, invece di alimentare lo stress rimanendo preda del vortice dei pensieri e delle emozioni, apprendono a restarvi vicino senza esserne travolti, trovando un posto di osservazione calmo da cui esplorare.

Questo lavoro richiede la pratica regolare dell’attenzione momento per momento, un’appropriazione di ogni istante della nostra esperienza, bella o brutta che sia, presenti a noi stessi.

Coltivando la consapevolezza si scoprono dentro di noi spazi di profondo rilassamento, calma e chiarezza.

Il programma MBSR è stata utilizzato per una varietà di patologie, quali:

– Disturbi da somatizzazione

– Dolori cronici

– Malattie cardiovascolari

– Cancro

– Malattie polmonari

– Ipertensione

– Cefalea

– Disturbi del sonno

– Disturbi d’ansia e attacchi di panico

– Disturbi digestivi connessi allo stress

– Malattie della pelle

– AIDS

Aiuta a coltivare una modalità di relazione decentrata verso l’esperienza, a disattivare intenzionalmente gli automatismi dei pensieri, a lasciar andare la tendenza alla proliferazione mentale liberandosi così da un compulsivo e doloroso rimuginio sulle esperienze dolorose

La sua applicazione è basata sulla pratica di meditazione orientale Theravada e si faranno esercizi di pratica formale (meditazione seduta, meditazione camminata, joga, body scan ecc) e pratica informale (attenzione consapevole alle attività quotidiane, mangiare, fare la doccia, pulire casa ecc.)

Il programma prevede un corso di 8 settimane per gruppi che si incontrano due ore a settimana.

Viene richiesto ad ogni partecipante un impegno simile ad un allenamento atletico, un’atleta che si allena per una gara non si può esercitare solo quando ne ha voglia o quando il tempo è buono, la continuità nella pratica è importante per raggiungere il risultato

E’ richiesto pertanto l’impegno di seguire gli esercizi fra un ‘incontro a l’altro che dovranno essere fatti giornalmente per 30-40 minuti.

Kabat Zinn dice “Non importa che ti piaccia, basta che tu lo faccia”, l’idea è che queste partiche entrino a far parte della vita del partecipante, diventandone un’abitudine.

La “Meditazione è osservare deliberatamente il tuo corpo e la tua mente, lasciando che le esperienze scorrano liberamente di momento in momento e accettandole così come sono. Meditazione non significa rifiutare i pensieri o bloccarli o reprimerli. Non significa controllare alcunché, eccetto la direzione della tua attenzione” (J.K.Zinn)

Numerosi studi hanno provato l’efficacia, riduce in particolare l’evitamento delle attività nei pazienti affetti da dolore cronico, ridimensionandone la disabilità e le patologie correlate come ansia e depressione. Si è osservato una significativa riduzione di complicazioni psicologiche relative a patologie mediche. Si sono osservati significativi riduzioni di aree affette da psoriasi, il risultato sembra ascriversi nella riduzione di ansia e stress legato alla sintomatologia.

Anche in soggetti malati di tumore si è osservato una riduzione della sintomatologia associata depressiva, ansiosa e relativa alla rabbia. E’ stata riscontrata anche una migliore qualità della vita

Prenotate il vostro cuscino.

 

Presentazione Protocollo MBSR

Vi aspetto mercoledì 17 gennaio, per una serata di presentazione del protocollo per la riduzione dello Stress. Sarà l’occasione per fare domande e per aprirci alla possibilità di iniziare questo percorso insieme.

Sull’accettazione

A mano a mano che il lavoro interiore di una persona si consolida, la dimensione dell’accettazione diventa più evidente.

E ‘però importante non cadere in fraintendimenti grossolani circa la parola accettazione.

Corrado Pensa nel suo libro “la tranquilla passione” ci illustra l’accettazione è restare aperti e morbidi alle cose che ci accadono, senza indurirci, in modo da rispondere ad una situazione invece di reagire.

Questa manovra di apertura interiore sembra semplice, ma non lo è affatto, implica molto tempo di tirocinio passato nella pratica di consapevolezza. Quando la nostra pratica ci porterà a comprendere che la sofferenza e il disagio che proviamo nella nostra giornata è spesso legato più alla difficoltà di accettare quello che ci accade che alla situazione in sè, comprenderemo che la rigidità e il rifiuto non ci liberi. Ci imprigionano nei nostri abituali modi di reazione.

Un maestro di meditazione, Arnaud Desjardins, descrive l’accettazione come “essere d’accordo con ciò che succede”, è aderire completamente alla realtà così come si prospetta davanti ai nostri sensi.

Grande lavoro quello dell’accettazione, potrebbe richiedere tutta la vita, è un viaggio che ci porta a vedere la nostra non accettazione, e il disagio che questo ci provoca.

Il primo passo quindi è vedere ogni volta che ci chiudiamo, guardare con gli occhi della curiosità e senza giudizio alla nostra non accettazione. Se continuiamo ad osservarci con questi occhi piano piano sorgerà una fiducia e comprenderemo che la strada per arrivare all’accettazione passa proprio attraverso, come dice Pensa, un puntuale e sollecito contemplare la non-accettazione.

Così la frase che potremmo dire essere cruciale non è “sforzati di accettare” ma bensì sforzati di guardare meglio che puoi la tua non-accettazione “.

Così io mi siedo sul cuscino di meditazione e molto spesso osservo le resistenze della mia mente irrequieta che, con fatica resta sul momento presente e non posso far altro che restare con l’irrequietezza a dirmi, osservandola, che fatica la non-accettazione.

buona pratica di consapevolezza.

per approfondimenti vi consiglio il libro di Corrado Pensa “la tranquilla passione” edito da Ubaldini Editore.

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Zero aspettative

 

Genitori consapevoli vuol dire essere coscienti di chi è nostro figlio. Non il figlio ideale o idealizzato, ma il figlio reale che è davanti a noi. Le aspettative non coscienti che nutriamo per i nostri figli possono distorcere il modo in cui vediamo la realtà e influenzare le nostre scelte di genitori e il nostro agire. Alcune di queste aspettative possono essere molto limitanti e causare grande sofferenza a noi e ai nostri figli.

Se impariamo a portare la nostra consapevolezza alle aspettative, ai giudizi e alle emozioni sottese, potremo agire verso i nostri figli richieste consone al loro essere.

Loro si sentiranno “visti” nella loro unicità e sostenuti nelle loro esplorazioni del e nel mondo.

“se volete che I vostri figli siano generosi, allora dovete prima permettere loro di essere egoisti. Se li volete disciplinati, dovete prima permettere loro di essere spontanei. Se li volete grandi lavoratori dovete prima permettere loro di essere pigri.

È una sottile differenza, difficile da spiegare a coloro che vi criticano. Una qualità non può essere appresa appieno senza capirne l’opposto. ” (the Parent’s Tao Te Ching)

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Il Mandala e il non attaccamento

Ieri mi sono imbattuta per mia fortuna in una festa dove due monaci tibetani costruivano un mandala. Un mandala stupendi costruito con attenzione pazienza e cura e poi…. Pazientemente distrutto con una cerimonia dedicata alla distruzione.  Da brava occidentale attaccata al bello, ho  subito scattato una foto. Volevo fermare il momento, lasciare il ricordo di quello che i miei occhi avevano visto. Quello che ho fatto però è stato proprio quello che la cerimonia della distruzione del mandala cerca di  evitare “l’attaccamento”.  Il mandala è, nel contesto della cultura buddista, qualcosa di più di una potente metafora dell’impermanenza di tutte le cose. Esso è, prima di tutto, una pratica, un esercizio spirituale attraverso il quale il monaco impara a guardare la realtà per quello che essa è in realtà: un fenomeno passeggero, impalpabile e non racchiudibile all’interno di una forma data una volta per tutte. Quello che colpisce della pratica del mandala non è tanto il tempo che si impiega per la realizzazione dell’opera (spesso anni), quanto, piuttosto, il fatto che una volta che questa è ultimata il monaco, con un gesto perentorio della mano, lo distrugge.  E’ vero,  che il mandala viene cancellato, ma questa cancellazione è piuttosto il risultato di un atto creativo che non di un atto di distruzione. Con il suo gesto, infatti, il monaco si rende consapevole della fugacità di tutte le cose e di se stesso. Tanto più grande sarà stata la pazienza e l’amore profusi nella creazione del mandala, tanto più forte sarà il gesto, tanto più significato il lascito nella vita spirituale del monaco che l’ha compiuto e, in conseguenza, a tutto il mondo di cui il monaco fa parte. 
La distruzione del mandala è, allora, un atto costruttivo, la creazione artistica viene, sì, cancellata, ma ciò porta ad una produzione di senso per il monaco che lo compie. Allora vorrei riuscire a godere dell’impermanenza delle cose, delle situazioni e relazioni e vivere la pienezza dell’istante mentre accade. Qui ed ora

 

 

 

 

 

 

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